Red. Omega, Liceo Galileo Galilei

Red. Omega, Liceo Galileo Galilei

Salve, siamo la redazione Omega!

Desideriamo sempre ciò che non abbiamo e, quando lo otteniamo, ce ne stanchiamo. Viviamo nella perenne attesa di un’avventura, nell’attesa di qualcosa che irrompa dall’esterno, che sopraggiunga in modo inaspettato e inopinato, di qualcosa che non costruiamo noi, non progettiamo noi. A cosa si riduce l’esistenza quando non attendiamo più nulla, quando non tendiamo verso qualcosa? Siamo abituati, forse per natura, a riporre la speranza del compiacimento personale nel senso di soddisfazione scaturito dall’appagamento di aspirazioni più disparate, dal raggiungimento di obiettivi precari che si susseguono ciclicamente, assicurandoci la sopravvivenza emotiva e l’imprescindibile bisogno di sentirci umani. Viviamo (o sopravviviamo?) aspettandoci dal futuro quello che pensiamo di non avere e di non poter avere nel presente, in una situazione di perenne attesa, di sospensione, affidando al futuro la felicità che dovremmo chiedere al presente e perseguire nel presente. Proiettiamo progetti, speranze, illusioni, piani in un tempo troppo lontano. Siamo indiscutibilmente proiettati verso il futuro. Se è vero che l’importante è il viaggio e non la meta, è anche vero che siamo bloccati nel tempo che passa e che non fa altro che sfuggirci dalle mani, portandoci anche un po’ via con sé. Un attimo prima era ora, e qualche secondo dopo è passato.

Giacomo Leopardi & BoJackHorseman

Giacomo Leopardi & Bo Jack Horseman

Giacomo Leopardi & BoJackHorseman

Per quanto possa risultare paradossale affiancare la figura di Giacomo Leopardi all’idea di felicità, non lo è affatto. Partendo dalla riflessione sull’infelicità (per antitesi), Leopardi elabora la teoria del piacere, destinata a diventare il punto cardine del suo pensiero.

Ma come può l’uomo, nella sua finitezza, provare un piacere intensamente e temporalmente infinito? La risposta a questa domanda sancisce la condanna dell’uomo ad una condizione di perenne insoddisfazione. Solo attraverso l‘immaginazione l’uomo può figurarsi da sé piaceri infiniti, poiché il piacere risiede nell’immaginazione stessa del piacere, nell’attesa di un futuro piacere e nella cessazione del dolore. E’ da queste riflessione che nasce l’Infinito.

Protagonista della serie omonima ideata nel 2014 da Raphael Bob-Waksberg per Netflix è il cavallo cinquantenne BoJackHorseman, fino agli Anni ’90 star della sitcom Horsin’ Around.

In un mondo popolato da animali antropomorfi, BoJack ha grandi piani per il suo ritorno sotto i riflettori e la stesura di una biografia, ma è spesso sopraffatto dalla frustrazione, dal disgusto per se stesso, dalla solitudine, dalle insicurezze e dal disperato bisogno di approvazione, tra i motivi per cui spesso alza troppo il gomito.

Tra momenti di puro nichilismo e altri di slancio vitale, BoJackHorseman mette in scena un vastissimo campionario dei peggiori comportamenti umani. Tutte le cadute e tutti i danni che BoJack fa, a sé come a chi gli vuol bene, sono tutti imputabili a egli stesso, al suo orgoglio, alle sue paure e alla non coscienza di ciò che vorrebbe nella sua vita. A partire dalla prima stagione, la sua volontà di tornare sulle scene e quindi essere nuovamente apprezzato si scontra con le sue manie, con il suo scarso talento, con il suo egoismo e con il passato che torna a tormentarlo. BoJackHorseman va avanti approfondendo l’introspezione dei personaggi principali, si fa sempre più profonda e, mentre noi li vediamo perdersi e sbagliare, il nostro riso si fa più amaro. Ci sono situazioni esilaranti, dialoghi ipertrofici, ma quello che via via emerge è il dipanarsi della matassa delle emozioni dei protagonisti, imprigionati in una continua ricerca di sé e di ciò che vogliono davvero. E’ una tragicommedia e BoJack un antieroe degli antieroi, senza nessun pregio tranne, ogni tanto, la vera volontà di riemettere insieme la sua vita ed essere una brava persona. Nella terza stagione, BoJack è candidato ad un Oscar per un ruolo per il quale è stato, in realtà, sostituito da un ologramma, ma soprattutto non sa se il premio sia davvero ciò che desidera o se crede solo di volerlo per sentirsi ancora amato e meno solo. La serie va avanti catapultandoci nella frenetica ricerca di qualcosa per cui valga davvero la pena affannarci, nasconde, dietro un velo di ironia e di divertente sarcasmo, verità e riflessioni molto più importanti e profonde. Le dinamiche socio-psicologiche del protagonista riflettono i problemi dell’uomo nella nostra realtà attuale: solitudine, futilità dei rapporti e depressione.

BoJack è continuamente alla ricerca della felicità, e ogni volta che crede di averla trovata, è più triste di prima, chiedendosi: in un mondo in cui contano solo i soldi, i likes e le comparse in TV, dove e come trovare la vera felicità?